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martedì 14 maggio 2013

Perché il n. 13 porta (s)fortuna?



Fatto sociale in vari Paesi d’Europa e negli USA, la “triscaidecafobia” (la paura del numero 13) legata al giorno di venerdì, sa fa risalire al numero dei convitati dell’Ultima Cena (il venerdì è il giorno della morte di Cristo) e al 13 ottobre 1307, quando furono perseguiti tutti i cavalieri Templari.



Origini lontane

Ma l'associazione tra il numero 13 e la sfortuna è documentata anche in epoche precedenti: lo storico greco Diodoro Siculo (I secolo a. C.) riferisce che Filippo II (IV secolo a. C.), re di Macedonia e padre di Alessandro Magno, fu ucciso da una sua guardia del corpo dopo aver fatto mettere una propria statua accanto a quelle delle dodici divinità dell'Olimpo (la morte sarebbe stata la conseguenza di questo “sgarro” agli dèi). Ma forse la diffidenza verso il 13 risalirebbe addirittura alle più antiche concezioni astrologiche assiro-babilonesi (dove il 12 era numero sacro perché facilmente divisibile). Proprio il fatto che il 13 viene dopo il 12 avrebbe assicurato a questo numero la fama di portasfortuna. 
Quanto al venerdì, forse è considerato infausto perché Cristo fu crocefisso in quel giorno. Per i musulmani, invece, è infausto perché è il giorno in cui Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito. (fonte Focus)

In Italia invece il 13 è un numero fortunato, tanto che nella Smorfia (la traduzione dei sogni in numeri del lotto) è associato al prodigioso S. Antonio da Padova. Nel Belpaese è il 17 il numero negativo (nella Smorfia è la disgrazia) già da Roma antica: XVII era infatti anagramma di VIXI (vissi), usato negli epitaffi funebri.

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