Mettere
all’indice vuol dire condannare moralmente, emarginare, bandire dalla società.
Il riferimento del modo di dire è a “L’indice dei libri proibiti” (in latino
“Index librorum prohibitorum”), un elenco di pubblicazioni la cui diffusione e
lettura era vietata dalla Chiesa Cattolica. L’indice fu creato nel 1558 ad
opera della Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione (della
anche Sant’Uffizio) e in varie versioni rimase in essere fino al 1966 quando fu
soppresso in seguito alla riforma di organizzazione ecclesiastica sancita dal
Concilio Vaticano II.
Breve storia.
Tra i compiti del Sant'Uffizio, istituito da papa Paolo III nel 1542, era compresa la vigilanza e la soppressione dei libri eretici, compito affidato a una commissione di cardinali e collaboratori. Sotto papa Paolo IV,
venne pubblicato un indice dei libri e degli autori proibiti, detto
"Indice Paolino", redatto dall'Inquisizione e promulgato con un suo
decreto, affisso a Roma il 30 dicembre 1558. Il decreto dell'Inquisizione romana prescriveva, pena la scomunica, «Che
nessuno osi ancora scrivere, pubblicare, stampare o far stampare,
vendere, comprare, dare in prestito, in dono o con qualsiasi altro
pretesto, ricevere, tenere con sé, conservare o far conservare qualsiasi
dei libri scritti e elencati in questo Indice del Sant'Uffizio».
L'elenco dei libri proibiti comprendeva l'intera opera degli scrittori
non cattolici, compresi i testi non di carattere religioso, altri 126
titoli di 117 autori, di cui non veniva tuttavia condannata l'intera
opera, e 332 opere anonime.
Vi erano inoltre elencate 45 edizioni proibite della Bibbia,
oltre a tutte le Bibbie nelle lingue volgari, in particolare le
traduzioni tedesche, francesi, spagnole, italiane, inglesi e fiamminghe.
Veniva condannata l'intera produzione di 61 tipografi (prevalentemente svizzeri e tedeschi):
erano proibiti tutti i libri che uscivano dai loro torchi, anche
riguardanti argomenti non religiosi, in qualsiasi lingua e da qualsiasi
autore fossero scritti; questa disposizione aveva l'obiettivo di
dissuadere gli editori di autori protestanti di lingua tedesca. Infine si proibivano intere categorie di libri, come quelli di astrologia o di magia,
mentre le traduzioni della Bibbia in volgare potevano essere lette solo
su specifica licenza, concessa solo a chi conoscesse il latino e non alle donne.
Lo scopo dell'elenco era quello di ostacolare la possibile contaminazione della fede e la corruzione morale
attraverso la lettura di scritti il cui contenuto veniva considerato
dall'autorità ecclesiastica non corretto sul piano strettamente teologico, se non addirittura immorale.
L'indice nei suoi quattro secoli di vita venne aggiornato almeno venti volte (l'ultima nel 1948) e fu abolito in seguito alle riforme del Concilio Vaticano II, nel 1966, sotto papa Paolo VI. Solo l'Opus Dei, prelatura personale della Chiesa Cattolica, mantiene in vigore, una sorta di Indice sotto forma di semplice guida bibliografica.
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